Ciao, sono Alessio Trerotoli, ho 34 anni, vivo a Roma e mi piace pensare di essere un “fotografo errante”. Mi sono laureato nel 2009 in Studi storici, critici e teorici sul Cinema, e nello stesso anno ho cominciato a viaggiare, prima in Europa e poi negli Stati Uniti e in America Latina.
Nel 2010 ho realizzato la mia prima esposizione presso la Galleria Montoro di Roma, nel 2012 ho pubblicato il libro “Fuori dalla Caverna”, con appunti e fotografie dei miei viaggi. Nello stesso anno ho cominciato il mio progetto più importante, “Urban Melodies”, dove tento di creare, attraverso la sovrapposizione di foto differenti, rappresentazioni astratte di panorami urbani, all’interno di metropoli moderne come Roma, New York, Parigi, Berlino e molte altre.
Nel 2013 ho vinto il Festival Abstracta e l’anno seguente ho ottenuto un altro premio all’Urban International Photo Contest. Nel 2015 ho realizzato altri progetti come il “Roma Coast to Coast”, una passeggiata fotografica di 21 km da un capo all’altro di Roma, e realizzato il 365 Project su Instagram (una foto al giorno per un anno).
Quando hai iniziato a fotografare e perchè?
Ho sempre avuto una passione per la fotografia. C’è un momento in particolare che ricordo perfettamente: quando avevo circa 10 anni stavo mostrando a mia nonna le foto di una gita che avevo fatto con la scuola in un luogo non lontano da Roma. Il mio album era pieno di foto dei miei compagni di scuola, così mia nonna mi domandò: “Ma tu dove sei?”. In quel momento realizzai che non c’era una sola foto di me in tutto l’album, questo perché ero sempre dietro la macchina fotografica. Quella è stata la prima volta che mi sono visto come un fotografo. Ho sempre fotografato, sin da bambino, ma non ho mai pensato che un giorno avrei trasformato questa passione nel mio lavoro. Ho cominciato a fare sul serio soltanto nel 2010, quando ho cominciato a esporre gli scatti dei miei viaggi.
Il tuo / i tuoi generi fotografici?
Amo la street photography, le immagini di vita quotidiana, le immagini di persone immerse in un contesto urbano. Mi affascina l’idea che a differenza della fotografia in studio, di quella d’architettura o di quella paesaggistica, se in quel momento tu non ci fossi stato, quella foto non sarebbe mai esistita. Se avessi scelto un’altra strada o ti fossi fermato a guardare il cellulare, quella foto non sarebbe mai esistita. Tutto questo in qualche modo ti fa sentire un po’ speciale. Devo dire che amo totalmente la strada, le storie che ogni angolo e ogni luogo possono raccontare. Attraverso la fotografia cerco di catturare l’anima di una strada o di un luogo, con qualcosa che appartiene alla sua vita quotidiana e al tempo stesso alla sua storia.
La tua giornata tipo?
Di solito mi sveglio intorno alle 9, 9 e mezza. Dopo colazione mi siedo nel mio “ufficio” (la mia stanza) e accendo il computer. Passo tutta la mattina lavorando sulle mie foto, cercando di perfezionarle, rispondendo alle email e aggiornando le mie gallerie sui vari social network. Dopodiché pranzo e poi torno davanti al computer, leggo blog, osservo i lavori di altri fotografi e infine termino il mio lavoro. A metà pomeriggio esco (non sempre con la macchina fotografica), cammino per la mia città cercando nuove idee e ispirazioni. La sera normalmente guardo un film, leggo un libro oppure vado a bere qualcosa con gli amici. Verso le 2 vado a dormire.
Puoi raccontarci la fotografia più importante della tua carriera o quella a cui tieni di più?
Sono molto legato ad una foto che ho scattato durante il mio primo viaggio da solo. Rappresenta una ragazza di spalle con la Torre Eiffel sullo sfondo. Quella foto era sulla locandina della mia prima mostra fotografica e rappresenta un po’ l’inizio di tutto, la considero per certi versi un portafortuna.
La più importante della mia carriera però penso che sia una delle prime del mio progetto Urban Melodies, “Traffic Jam”. Si tratta di un’immagine del traffico di New York, una foto che mi ha regalato soddisfazioni, mi ha incoraggiato a continuare e mi ha permesso in un certo senso di mandare avanti quel progetto che per me rappresenta una sorta di svolta, sia artistica che professionale.
Cosa c’è dentro la tua borsa fotografica?
Non molto a dire la verità. Non sono uno di quei fotografi ossessionati con le lenti e con l’attrezzatura. Quando esco per catturare immagini della strada ho con me soltanto la mia Canon e il mio 50mm. Ho anche un 17-85, ma lo porto con me soltanto quando ne ho davvero bisogno. Cammino moltissimo (sia in viaggio che nella mia città) e per questo preferisco avere una borsa leggera. Una volta ho letto una frase che ritengo perfetta: “Nella street photography la migliore attrezzatura è un buon paio di scarpe”.
Cosa pensi di aggiungere a breve nella borsa e cosa invece pensi di dare via?
In futuro vorrei comprare un 28mm. Sicuramente per il prossimo viaggio vorrei aggiungere al mio bagaglio un piccolo hard disk portatile per avere una copia dei file che sono sulla scheda. Ho il terrore di perdere le foto che realizzo durante i viaggi.
Il sito di fotografia che visiti più spesso?
Mi piace molto Photolisticlife e spesso rimango incantato dalle meravigliose gallerie proposte da LensCulture. Quando vedo quelle foto capisco che devo fare ancora tanta strada per raggiungere quei livelli. Per quanto riguarda il fotogiornalismo non mi perdo un aggiornamento del blog The Big Picture. Seguo poi molte pagine facebook di fotografi affermati come ad esempio quella di Marius Vieth. Sto addirittura pensando di aprire un blog tutto mio per mostrare i lavori di altri fotografi e raccontare le loro esperienze.
Grazie Alessio!
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