Il mio nome è Carola Ducoli, ho 25 anni, vivo e lavoro a Milano da quasi sei. Il luogo in cui sono cresciuta è Sestri Levante, in Liguria. Mi sono diplomata in Maestro d’Arte – Decorazione Pittorica e Scenografica nel 2009, e nel settembre avvenire mi sono trasferita a Milano per frequentare l’Istituto Italiano di Fotografia, grazie al quale ho conseguito il diploma come Fotografa Professionista nel 2012. Da sei anni a questa parte mi occupo esclusivamente di fotografia e immagine, mia passione, predisposizione naturale e mestiere. Le mie esperienze fotografiche gravitano dentro a due mondi differenti come per molti fotografi: quello autoriale di ricerca personale (attivo nel campo artistico di gallerie e festival) e quello commerciale su commissione.
La fotografia, per me terapeutica e indispensabile dal punto di vista intimo/personale, viaggia dentro tematiche emotive e concettuali: amo fotografare le donne, la danza, i volti, i corpi, i paesaggi che racchiudono atmosfere e sensazioni ben distinte, e raccontare storie, suggerire percezioni.
Da poco più di un anno, ho iniziato anche a ideare e produrre performance multi-arte, nate da progetti fotografici sui quali ho tessuto, assieme ad amici interpreti ed artisti, performance musicali, audio-visive, di teatro danza, installazioni scenografiche e video. Amo fondere pittura e fotografia. Amo sperimentare tutte le forme di espressione che conosco anche in collaborazione con altre menti: faccio parte dell’Associazione Culturale e Casa di Produzione Wasabi Produzioni e del collettivo Fragile Artists.
A livello commerciale, da quando mi occupo esclusivamente di fotografia, ho lavorato come post-produttrice digitale presso un laboratorio di stampa per un anno abbondante, ho fatto la fotografa di cronaca presso agenzia per quasi cinque mesi, per poi dedicarmi alla libera professione nella totalità. Attualmente mi occupo di reportage, wedding, fotografia di performance live (musicali e teatrali), backstage, ritratto, moda, still life, beauty. Mi piace lavorare in quasi tutti gli ambiti della fotografia, non c’è qualcosa di specifico che non ami fotografare.
Quando hai iniziato a fotografare e perchè?
Ho iniziato a fotografare dalle elementari con le macchinette usa e getta, perché adoravo raccogliere tutti i ricordi delle gite o degli avvenimenti importanti in curatissimi album che amavo tanto… erano la mia ossessione, i custodi dei miei ricordi. Credo che già al tempo la fotografia mi piacesse perché non è altro che uno specchio della realtà, la tua, quella dell’altra te, o quella di altri. E allo stesso tempo è una manipolazione naturale della realtà stessa. Ho iniziato a fotografare ponendomi la fotografia come obiettivo dall’ultimo anno di liceo fino ad oggi. Perché è un esigenza, perché è il canale espressivo e di sfogo che preferisco, perché è ciò che amo fare, perché mi fa stare bene.
Il tuo / i tuoi generi fotografici?
Amo molto il nudo, il corpo in generale (in movimento o immobile), amo il ritratto. Mi affascina la trasformazione che si può dare ad un volto grazie al trucco, grazie alla luce e alle forme scelte. Mi intriga il reportage in ogni sua forma, il paesaggio, ma anche la moda… insomma, quando qualcosa è bello è bello. Non importa a quale genere appartenga.
La tua giornata tipo?
Non credo di avere una giornata tipo, o per lo meno non saprei descrivervela. Le giornate si plasmano e sono in continuo mutamento in base alle esigenze lavorative e non, all’umore e alle novità dell’ora, non saprei come definire una giornata tipo. Non ho abbastanza regolarità e controllo per decifrarla.
Puoi raccontarci la fotografia più importante della tua carriera o quella a cui tieni di più?
Questa fotografia appartiene al progetto fotografico Vasilij Vasil’evic Kandiskij. Tengo molto a questa immagine, e al progetto in generale, perché ha fatto nascere e sviluppare molti avvenimenti e incontri importanti. Nello specifico, appartiene alla serie del Giallo, uno dei cinque colori trattati. È la foto simbolo di tutto il progetto, quella che mi ha ammaliato di più al momento dell’editing di tutto lo shooting. Un corpo danzante in un limbo bianco che interpreta gli stati d’animo di un colore, immerso nel borotalco, bagnato da luce giallo ocra.
Cosa c’è dentro la tua borsa fotografica?
Dipende da cosa devo fare. In base a ciò, scelgo se portare con me analogico o digitale, raramente mischio. Ipotesi di scelta digitale, avrei con me: la mia macchina Nikon D700 + carica batterie, 50 mm f 1.4 – 20 mm f 1.8 – 85 mm f 1.8 – 24/120 mm f 4, due batterie (cariche), 4 schede cf (due da 16 g e due da 8 g), quasi sempre il computer, lettore di schede, se necessario (quasi mai) flash a slitta, Lastolite. Attrezzatura studio: luce continua e/o flash a torretta/monotorce ecc in affitto esterno o location studio. Ipotesi di scelta analogica, avrei con me: le mie due macchina affezionate: Yashica Fx-3 Super, Leica M6. Batterie per l’esposimetro di riserva, Lastolite, svariati rullini quasi sempre a colori (i preferiti: Portra e Ektar). In alternativa, o lavoro con medio formato Mamiya 645 Super o in Polaroid utilizzando sia pellicole Fuji che Impossible in relazione al tipo di macchina. Colleziono macchine fotografiche analogiche di vari formati e tipi: biottiche, a soffietto, fori stenopeici, toy camera, polaroid, 35 mm, 120 mm, 110 mm ecc.
Cosa pensi di aggiungere a breve nella borsa e cosa invece pensi di dare via?
Non sono molto brava a dare via oggetti fotografici, ci tengo troppo, come non riesco a dare via un libro o un oggetto-ricordo. Quindi penso di non dare via nulla. In aggiunta, forse tra un po’ arriverà il momento di cambiare corpo macchina, ma preferirei riuscire a mettere via un po’ di soldi per investire in attrezzatura studio. Arriveranno sicuramente vari rullini, forse altre vecchie eterne analogiche per la mia collezione, e poi chissà.
Il sito di fotografia che visiti più spesso?
Ignant, Worbz, Fotographia Online e il blog Saccades.
Grazie Carola!
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