Mi chiamo Danilo Balducci, sono nato a L’Aquila nel 1971 e sono un fotografo di reportage. Quando non sono a L’Aquila o a Roma sono spesso in aeroporto o in una stazione ferroviaria per raggiungere una destinazione, a volta lontana, per seguire un progetto fotografico per lavoro.
Sono diplomato presso l’Istituto Superiore di Fotografia e comunicazione integrata di Roma e sono professionista dal 1999.
Sono inoltre docente di fotografia e reportage presso l’Accademia di Belle Arti di L’Aquila. Fornisco regolarmente immagini ad agenzie fotografiche italiane ed estere. Le mie immagini e le mie storie sono state pubblicate su giornali e riviste cartacee e online nazionali ed internazionali.
Sono vincitore di diversi premi.
Nel 2016 sono vincitore assoluto del FIIPA (Fiof Italy International Photography Awards) e fotografo dell’anno con il mio progetto a lungo termine “Another step and you’re elsewhere” sui rifugiati, da Lesbo, attraverso i Balcani per giungere a Calais.
Quando hai iniziato a fotografare e perchè?
Ho iniziato a fotografare nel primi anni ’90 acquistando una vecchia Zenith sovietica ad un mercatino, all’epoca ero arruolato in polizia e dalla finestra della mia camerata a Roma avevo davanti l’aquila illuminata dell’areonautica militare, ho scattato un intero rullino e sono rimasto affascinato dalla fotografia, dal rumore dell’otturatore e dalla magia di quel pezzo di ferro e plastica che avevo in mano. Ho deciso allora di lasciare la polizia e di lanciarmi nell’avventura della fotografia iscrivendomi immediatamente presso l’ISFCI di Roma.
Il tuo / i tuoi generi fotografici?
Reportage sociale e fotogiornalismo, anche se ho avuto esperienze per cataloghi di moda e fotografia pubblicitaria.
La tua giornata tipo?
Esiste per un fotografo una giornata tipo? Dipende da cosa faccio e che lavoro sto svolgendo, sicuramente se sto in viaggio per qualche reportage la sveglia suona prestissimo per avere una luce migliore, mi piace comunque fotografare la mattina presto.
Prima di uscire comunque ho bisogno di caffè e di silenzio, magari leggendo le notizie su internet o leggendo un giornale. Dopo aver scattato e dopo qualche caffè torno davanti al computer scegliere, post produrre ed inviare le foto in agenzia.
Se scatto in pellicola invece, dove possibile, cosa che amo molto, appena posso mi chiudo in camera oscura a sviluppare i miei rullini. Se sono all’estero, cosa che accade spesso, un ristorante economico la sera tra la gente del posto e una birra sono la degna conclusione di una giornata di lavoro.
Puoi raccontarci la fotografia più importante della tua carriera o quella a cui tieni di più?
Non so quale sia la fotografia più importante della mia carriera, sicuramente a molte sono legato emotivamente, per le situazioni forti nelle quali mi sono trovato per scattarle ma non credo di essere legato ad una foto in particolare, forse sarebbe meglio dire legato a tutto il reportage… quindi sicuramente il lavoro che sto portando avanti tra i rifugiati.
Cosa c’è dentro la tua borsa fotografica?
Ho diverse borse fotografiche, a seconda della quantità di materiale che devo portare. Mi muovo però normalmente sempre con la stessa Domke F2 Ballistic nera. Porto con me a secondo del lavoro diverse macchine fotografiche. Se devo lavorare in digitale uso una Nikon D4s e una D700, con il 28mm 2.8, il 50mm 1.4, il 17-35mm 2.8 e un tuttofare 24-85. Per la pellicola invece utilizzo una Leica M7 con 35mm 1.4 mentre per il medio formato una Fuji GW690III, una Rolleiflex ed una Hasselblad. Per il grande formato una Graflex 4×5 e un leggerissimo Toyo Field 45 CF.
Cosa pensi di aggiungere a breve nella borsa e cosa invece pensi di dare via?
Io non aggiungerei nulla, credo di star bene così, per quanto riguarda il dare via penso non toglierei nulla… ho molte cose che non utilizzo più ma alle quali sono legato in un modo o nell’altro. Sono un accumulatore di materiale fotografico seriale.
Il sito di fotografia che visiti più spesso?
Qualunque sito dove ci sia della buona fotografia e si possa imparare qualcosa. Spesso guardo immagini su Imageforum o British Journal of Photography.
Grazie Danilo!
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