Mi chiamo Davide Susa, ho 43 anni e sono di Viterbo, ma lavoro a Roma. La mia attività principale è nell’ambito finanziario, ma la fotografia riempie ogni spazio libero della mia vita. Mi occupo di fotografia musicale dal 2004, concentrandomi sul jazz inizialmente, poi aprendomi a ritrarre concerti pop-rock, per poi tornare definitivamente alla fotografia di jazz nel 2010, musica che trovo ritrattisticamente molto affascinante ed emozionante.
Nella mia esperienza più che decennale ho collaborato e collaboro con le principali riviste di settore, come Musica Jazz (la prima rivista specializzata in Italia), JAZZIT, MUZ Magazine, jazzColours; i webmagazine All About Jazz Italia e jazzitalia.net. Inoltre, a livello internazionale collaboro con l’agenzia fotografica francese DALLE, specializzata in musica. Alcune mie foto sono apparse su dischi e campagne di comunicazione in Italia ed all’estero.
In questi ultimi anni mi sto dedicando anche alla ritrattistica posata sempre nell’ambito musicale. La mia formazione è continua nell’ambito della fotografia, soprattutto per il ritratto (con Gianni Pinnizzotto, e soprattutto con Enzo Dal Verme), per lo studio delle luci, e sullo studio delle inquadrature perché penso che non si smette mai di imparare. Una parte consistente della mia attività è anche rivolta all’organizzazione di workshop specialistici sulla fotografia musicale, collaborando con scuole di fotografia e festival di jazz per la realizzazione di seminari sulla fotografia musicale, nonché sono responsabile dei corsi di fotografia del Festival Tuscia in Jazz. Per me la fotografia è rappresentare il momento musicale, rappresentare l’emozione del musicista sul palco, cercando una immagine che ti porta a “sentire visivamente la musica”.
Quando hai iniziato a fotografare e perchè?
La mia passione per la musica, in particolare il jazz, e per le immagini ad essa collegate, ha origini lontane nel tempo. Ricordo che già nei primi anni 90 ascoltavo i cd della rivista Musica Jazz, ed ero catturato dai ritratti dei musicisti sul palco. Il mio essere musicista (nella mia vita ho suonato sassofono, clarinetto e batteria) mi spinse anche a recarmi per tanti anni ad Umbria Jazz per vivere da vicino i musicisti, i concerti e le emozioni del festival. Tutte le volte che suonavo in pubblico e venivo fotografato mi interrogavo sulle emozioni e le sensazioni che provavo in quei momenti e sulla possibilità di vedere quelle stesse emozioni “congelate” in quelle immagini. Poi mi regalarono la prima reflex, per cercare di approfondire la mia passione per la fotografia, ed è cominciata così la mia avventura come fotografo.
Tutte queste passioni mi hanno spinto ad iscrivermi al corso di fotografia musicale organizzato dalla rivista JAZZIT e da lì, nel 2004, è cominciato tutto. Da quel momento, per arrivare a creare una visione della musica e un linguaggio fotografico personali ci sono voluti decine di concerti, dal jazz al pop, al rock; infine, sono tornato al mio grande amore, la musica che, personalmente, ritengo la più emozionante sotto il profilo fotografico: il jazz.
Il tuo / i tuoi generi fotografici?
Il mio genere è il ritratto del musicista, che sia mentre suona o posato. Nella ritrattistica live cerco di lavorare molto sull’inquadratura, alla ricerca del quadro giusto per le emozioni che il musicista vive mentre si trova sul palco. Mentre per quello che concerne i ritratti posati cerco di inserire nell’immagine sempre lo strumento del musicista, cercando di far emergere il legame esistente tra la persona ed il suo strumento. Spero di riuscire a raccontare emozioni con le mie foto, emozioni legate a doppio filo con la musica, solo questo. Quando torno a casa dopo un concerto od uno shooting per me l’importante è avere almeno una immagine che racconta emozioni.
La tua giornata tipo?
Spostandomi quotidianamente tra Viterbo e Roma, quando uso il treno ho circa 3 ore al giorno che utilizzo, leggendo di fotografia, dai manuali sul ritratto ai libri di fotografia, soprattutto di ritrattisti che hanno o hanno avuto a che fare con il mondo musicale (es. William Claxton, Herman Leonard, Roberto Polillo, Jimmy Katz, Danny Clinch, Giovanni Gastel, ecc.).
Oppure preparo i miei workshop specialistici sulla fotografia musicale. Quando devo fotografare mi sposto sulla location, scatto principalmente durante i soundcheck quando si riesce a lavorare gomito a gomito con i musicisti in totale libertà. In queste occasioni i musicisti non hanno l’abito che useranno al concerto, ma il lavoro sulle inquadrature molto strette e le emozioni dei ritratti, al soundcheck il musicista è particolarmente rilassato, non fanno accorgere spesso della differenza. La sera mi dedico all’analisi critica delle immagini scattate, alla loro selezione ed alla postproduzione.
Puoi raccontarci la fotografia più importante della tua carriera o quella a cui tieni di più?
Sono due le foto che sento maggiormente significative per la mia carriera fotografica: la prima è un’immagine del pianista Kenny Barron, la sua silhouette durante un concerto del Tuscia in Jazz, un po’ tutto è cominciato in quel periodo.
La seconda è un posato del duo Max Ionata e Dado Moroni, scattato 5 minuti prima che salissero sul palco del Narni Black Festival, immagine utilizzata per la promozione del loro disco, del loro tour in sud est asiatico e come promozione in italia.
Cosa c’è dentro la tua borsa fotografica?
Dopo anni di lavoro con Canon, dal novembre 2014 lavoro esclusivamente con attrezzatura Fujifilm.
Ho due XT-1, ed una XE-2; per quanto riguarda le ottiche possiedo: 18-55 f 2.8-4, 35 f 1.4, 55-200 f 3.5-4.8, e 50-140 f 2.8. Con le Fuji ho trovato un’attrezzatura di qualità con un’ottima gestione degli alti ISO, fondamentale nella fotografia musicale, e dal design retrò che mi fa impazzire. Naturalmente tantissime batterie tra originali e Chili Power. Un flash Canon 430 EX II con 2 trigger cinesi, che uso per i posati in location. Se devo inviare le immagini subito dopo il concerto o soundcheck porto con me un iPad mini su cui scarico le foto, tramite wifi, e postproduco tramite l’app Snapseed.
Cosa pensi di aggiungere a breve nella borsa e cosa invece pensi di dare via?
Per il momento sento che questo è il mio setup definitivo, l’unica aggiunta su cui sto riflettendo è il duplicatore 1.4 per il 50-140 ma non è al momento una priorità. Non penso di togliere nulla, in quanto il 55-200 che più o meno si sovrappone al più luminoso 50-140, lo utilizzo quando non scatto in teatro. La sua qualità e leggerezza è ottima e dove non mi servono diaframmi particolarmente aperti è la soluzione operativa migliore.
Il sito di fotografia che visiti più spesso?
Mi considero un consumatore “onnivoro” di immagini, per cui appena ne vedo una che attira la mia attenzione vado su google immagini per visualizzare altri lavori di questo o quel fotografo e visito e studio anche il suo sito.
Quotidianamente visito il FUJI X SERIES CLUB ITALIA FACEBOOK, movimentato da professionisti ed amatori che utilizzano fotocamere Fujifilm, dove si possono trovare news tecniche ed immagini di altissimo livello che spaziano dal ritratto al reportage, alla street, al wedding.
Grazie Davide!