Francesco Amorosino, lucano di origine, vive a lavora a Roma come fotografo e giornalista freelance. Ha studiato al master triennale della Scuola Romana di Fotografia e al master biennale in giornalismo dell’Università di Basilicata. È Associate della Royal British Photographic Society e collabora con l’agenzia Luz Photo. Nel 2013 ha vinto il premio “Open your books” per il miglior libro autoprodotto al festival Sifest di Savignano sul Rubicone, mentre nel 2014 è stato tra i finalisti del premio Emergentes DST al Festival Encontros da Imagem a Braga, in Portogallo.
Si dedica anche alla scrittura creativa e all’illustrazione esponendo le sue opere in diverse mostre.
Quando hai iniziato a fotografare e perchè?
Non so bene quando ho iniziato a fotografare: fin dalle prime gite scolastiche la macchina fotografica mi accompagnava sempre. Il passaggio da hobby a forte passione è avvenuto dopo aver vinto un concorso fotografico all’università: il premio era un workshop con il fotografo Franco Fontana che mi ha dimostrato che avevo una propensione per la fotografia creativa. Per me creare, fare arte, è vitale e la fotografia con la sua immediatezza sembrava il mezzo migliore per esprimermi. Col tempo, però, alla rapidità si è accostata la riflessione e la progettualità e forse è questo che ti trasforma in un professionista.
Il tuo / i tuoi generi fotografici?
Non sono un fotografo da un genere e basta, però in ogni mia foto ciò che è importante è il concetto che c’è dietro. Posso dire che le cose che amo di più sono il fotografare dettagli e angoli delle città, Roma su tutte, cogliendo come i vari elementi entrano in combinazione tra di loro e con le persone che la abitano, e la fotografia di still life, soprattutto applicata al campo della fine art. Inoltre mi dedico a progetti di visual storytelling, combinando fotografia, scrittura, disegno, video e materiale d’archivio.
La tua giornata tipo?
Non esiste! Non ho una vita regolare e faccio talmente tante cose nello stesso tempo che non c’è un giorno uguale a un altro e questo mi piace molto!
Puoi raccontarci la fotografia più importante della tua carriera o quella a cui tieni di più?
Per me la foto a cui tengo di più è sempre l’ultima che ho scattato! In questo momento sto lavorando al progetto chiamato Balance: si tratta di una serie di foto fine art di still life dove gli oggetti impilati in modo precario rappresentano la ricerca di un equilibrio interiore tra gli opposti. Ognuna di queste foto richiede molto tempo per essere pensata e realizzata e perciò sono cariche di forza per me. La prima foto della serie è stata la mia prima a essere esposta per la vendita in una galleria d’arte, quindi le sono molto legato!
Cosa c’è dentro la tua borsa fotografica?
Bisogna parlare di borse! Nella foto della mia attrezzatura ho incluso i due corpi macchina digitali, Canon 6D e 600D; l’obiettivo 18-135mm, con cui ho iniziato, il 50 f1.8, meraviglioso per i ritratti, il 24-70 f4 e il mio preferito, il 100 macro 2.8; flash Speedlite e telecomando; la mia analogica semielettronica Nikon F50 ereditata da mio papà; la Polaroid, regalo di mia sorella. Ho incluso anche il mio cavalletto Manfrotto che ho da tantissimi anni e non mi ha mai abbandonato; il mio computer e la mia tavoletta grafica, essenziali per il processo creativo dietro molti progetti; infine ho voluto inserire due libri: “From Here On“, catalogo di una mostra del 2011 sulla postfotografia e “L’arte come terapia“, libro meraviglioso che ha cambiato il mio modo di vedere l’arte e ha chiarito quale deve essere il mio ruolo come artista. Consigliatissimo!
Cosa pensi di aggiungere a breve nella borsa e cosa invece pensi di dare via?
Non penso darò mai via qualcosa, userò tutto fino alla distruzione. Per quanto riguarda l’aggiungere mi piacerebbe comprare un fisheye.
Il sito di fotografia che visiti più spesso?
Ogni giorno leggo le tante newsletter che mi arrivano, Artribune in testa, e Facebook tramite i profili di tantissimi fotografi che seguo è una miniera inesauribile di articoli, progetti e spunti.
Ciao Francesco!