Mi chiamo Luca Mosconi e ho 53 anni.
Da 28 anni la fotografia è il mio lavoro, seguendo cambi dei genere, mode e tendenza. Nato e cresciuto a Jesi, nelle Marche (anche professionalmente), da quasi 7 anni ormai, vivo e lavoro a Milano.
Per i primi 20 anni mi sono occupato prevalentemente di fotografia di arredamento in studio (cataloghi delle aziende produttrici), arrivando a Milano ho deviato decisamente verso lo still life commerciale, che era comunque una forte componente già nel mio passato marchigiano.
Quando hai iniziato a fotografare e perchè?
Ho iniziato nel 1988, andando a lavorare in un grosso studio della mia zona (del quale poi sono stato socio-amministratore per una decina di anni) come allestitore, ma mi andava bene, pur di stare in un ambiente che avesse a che fare con la fotografia, che da qualche anno era la mia grande passione.
Il tuo / i tuoi generi fotografici?
Credo di averli esplorati un po’ tutti, grazie al fatto di avere un grande studio in una piccola regione molto attiva artigianalmente e industrialmente, e florida economicamente (all’epoca).
Tutta la regione Marche ha gli abitanti di Milano e di grandi studi ce ne sono in tutta la regione, più o meno quanti ce ne sono nel raggio di 300 metri dove lavoro ora a Milano (via Voghera, chi conosce sa) E avendo all’epoca uno studio di grandi dimensioni, capace di allestire set per fotografare grandi ambienti ricostruiti per l’industria del mobile, a scendere potevamo fare di tutto; e abbiamo fatto di tutto, fino ai “fili di sicurezza” delle banconote, meccanica, elettrodomestici, vini, moda, cantieristica navale di lusso…insomma, davvero di tutto, sempre con una buona qualità, certamente molto lontani dal fare fotografie che passassero alla storia, se non quella delle aziende che ce le commissionavano.
La tua giornata tipo?
La mia giornata tipo, oggi come allora, è una grossa incognita. Dipende in maniera totale dal soggetto da fotografare che oggi come allora è dei più disparati, e dal luogo dove dovrò lavorare perché sempre meno ormai si lavora nel proprio studio, grazie anche alla facilità di controllo introdotta dal digitale.
Comunque in genere lo svolgimento è classico e molto banale, arrivo in studio o nel luogo dove lavorerò, preparo tutto a seconda del progetto o del lay out da seguire e quando possibile, inizio sempre dagli scatti più complessi, per avere la freschezza e lucidità necessaria, lasciando per fine giornata le cose meno impegnative, al riparo da errori per stanchezza. La giornata finisce quando sono finite le cose da fotografare. E se non arrivo tardi scarico e faccio un primo controllo del lavoro svolto.
Decompressione (l’ultimo caffè, qualunque ora sia…), poi a letto per leggere almeno un paio di pagine di uno dei libri che ho sul comodino. Senza non riuscirei a prendere sonno, mi basta a volte anche leggere poche righe per crollare.
Puoi raccontarci la fotografia più importante della tua carriera o quella a cui tieni di più?
Facendo da sempre fotografia altamente commerciale, non ho una fotografia in particolare che mi ricordi, anche se ho ricordi legati ad ogni lavoro, visto che per i cataloghi di arredamento, si lavora ai singoli programmi per molti e molti giorni, anche mesi a volte. L’esperienza che ricordo di più però, è legata alla adrenalina scatenata durante l’esplosione controllata in una cava di pietrisco per la quale stavo realizzando la monografia.
Quella invece che forse è stata la più importante (per la circostanza, non per me) è la prima foto realizzata in Italia per il lancio della Nikon D800, foto che rivestì l’intera parete di 12 metri dello stand Nikon al Photoshow di Roma nel 2010.
Cosa c’è dentro la tua borsa fotografica?
Il digitale ha alleggerito molto anche la borsa, passando dalla “flight case” 60*40*40 che serviva per trasportare il banco ottico, che vuota pesava 10/12 kg e poteva arrivare a 30 e più, oggi è molto snella e la preparo in funzione del lavoro che dovrò svolgere.
La sua versione “completa” e più frequente prevede un corpo macchina 24*36 Nikon D800 (il medio/grande formato solo per lavori che lo richiedano espressamente) con aggiuntivo batterie.
– Uno zoom “standard” Nikon 24/120, focale che preferisco al classico 24/70 per lavori “generici” perché mi consente anche di non cambiare mai ottica, avendo la possibilità di fare riprese larghe che ritratti
– Uno zoom “tele” Nikon 80/400, anche qui come prima, la preferisco al “classico” 70/200 per lavori dove è necessario il dettaglio ma non è possibile avvicinarsi
– Un’ottica decentrabile “tilt and shift” Nikon 85mm per lo still life e un set di tubi di prolunga.
Quando lavoro fuori dallo studio ho sempre in borsa almeno un paio di flash a slitta con radiocomandi e qualche modificatore tipo ombrello o paraboline, per gestire la luce in situazioni critiche o di emergenza.
Cosa pensi di aggiungere a breve nella borsa e cosa invece pensi di dare via?
Aggiungere forse un grandangolo “spinto” fisso di focale tra i 14 e i 20 mm o il “tilt & shift” 24mm e sostituire lo zoom standard che ormai ha dato tutto quello che poteva, ma con un suo pari focale 24/120 per i motivi spiegati sopra.
Il sito di fotografia che visiti più spesso?
In realtà non ho un interesse particolare e confesso che i siti di fotografia (e di fotografi) mi annoiano abbastanza (compreso il mio).
In genere parto dalla home di Facebook (del quale sono utente abbastanza passivo, potrei sembrare più un umorista che un fotografo a chi non mi conosce) o simili e seguo foto o notizie che mi colpiscono fino ai siti degli autori rappresentati.
A Milano abbiamo la fortuna di avere una grande offerta di mostre da visitare (più o meno buone) che preferisco di gran lunga alla consultazione dei siti.
Per quanto riguarda la tecnica idem, seguo le notizie che mi interessano o cerco direttamente, basandomi in genere su più di una fonte, ed in questo il web credo sia insostituibile.
Grazie Luca!
Link:
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