Ciao, innanzitutto grazie per la bella opportunità di presentarmi a Bagzine. Mi chiamo Paola Tornambè, ho 36 anni e vivo tra la Sicilia e Roma.
Sono fotografa e blogger: animadeiluoghi.blogspot.com, scorreiltempo.blogspot.com/. Con i miei lavori ho partecipato a diverse esposizioni collettive (prima di tutte il premio Vittorio Bachelet) e personali (All’Atelier 35 di Roma e al Museo Mandralisca di Cefalù) e sono presente su siti di fotografia (Fotografia Moderna, Artisti del Mare, Tempo di Scatto).
Quando hai iniziato a fotografare e perchè?
Diciamo che la fotografia è sempre stata di casa. Mio padre mi spiegava le basi della tecnica su una vecchia Zenit che però tendeva – giustamente – a proteggere dalle mie mani bambine. Quindi non fotografavo, ma vedevo farlo e ne rimanevo incantata. Si può dire che ho imparato prima a stampare il bianco e nero, con una rudimentale camera oscura casalinga, che a fotografare. I primi scatti personali soltanto da adolescente.
Porto nel cuore, intatta, la folgorazione di una delle mie prime fotografie: un’alba sul mare. In quel momento esatto, mi si è rivelato dell’enorme potenziale della fotografia: riuscire a fermare l’attimo, catturare per sempre il sorgere di quella giornata, le sue emozioni e con esse la mia gioventù. Il passo alla prima Reflex è stato breve. Ora fotografo per il motivo esattamente opposto: non per fermare il tempo, ma per raccontare il suo scorrere. La vita è strana. La fotografia ne resta un punto fermo.
Il tuo / i tuoi generi fotografici?
La fotografia paesaggistica, dove il colore è l’elemento predominante nel ritrarre la bellezza della natura. Sono fotografie che utilizzo principalmente per il mio blog: animadeiluoghi.blogspot.com; qui i miei testi raccontano le immagini, ma sono le immagini stesse a dettare i testi; le parole mostrano ciò che le immagini narrano a gran voce: le sensazioni insite nei luoghi e la loro anima.
E la fotografia artistico – sperimentale, rigorosamente in bianco e nero, di cui mi servo per rendere visibili le ossessioni dell’anima. Sono fotografie dalle atmosfere nebbiose, lunari. Immagini in trasformazione, oniriche, contorte, sfumate. Raffigurazioni di creature dissolte nel tempo e nello spazio, fantasmi di un tempo in trasformazione. Uso la tecnica del mosso: lungo tempo di esposizione e movimento del soggetto, della camera o di entrambi. Riesco così a imprimere in un’immagine lo scorrere del tempo, il fluire della vita insito in tutte le cose. Mi piace pensare di riuscire a rendere visibile il tempo con i suoi inganni e le sue illusioni. L’oltre in divenire. E i contrasti di una umanità persa, imprigionata in un tempo senza presente, dove la verità e la finzione sfumano in
sempre meno definiti.
La tua giornata tipo?
Dipende da dove sono.
A Roma la mattina e il primo pomeriggio sono dedicati tutta alla fotografia e alla scrittura. Dopo, verso le 18.00, mi piace uscire e camminare senza meta, preferibilmente per strade defilate e solitarie, lasciando liberi i pensieri. Ricevo stimoli creativi da queste passeggiate in solitudine, dove spesso sono dei dettagli (la luce, una finestra, una sensazione ecc.) ad aprire la mente a significati e a concretizzare idee inconsce. La sera mi dedico alla lettura.
In Sicilia, in qualunque stagione e con qualsiasi tempo, il mare mi attrae inesorabilmente. La mattina presto e poi di nuovo al tramonto. Lavoro meno quando sono lì, lo ammetto, ma assimilo tantissima energia, non potrei vivere senza. Molto del mio lavoro trae ispirazione da questa Terra e dal suo mare. E dal vivere lentamente che mi concedo quando sono lì e che secondo me è una risorsa preziosa e oggi troppo spesso dimenticata. La Sicilia mi salva. Mi regala il tempo per riflettere. Mi avvicina alla verità. Mi rende umana, soprattutto.
Puoi raccontarci la fotografia più importante della tua carriera o quella a cui tieni di più?
Sicuramente questa. La prima ottenuta con la tecnica del “mosso creativo”, quando era ancora solo gioco prima ancora di divenire sperimentazione e poi personale tecnica di espressione artistica. Divertendomi con i tempi lunghi di esposizione ottenni questa fotografia che ebbe un certo impatto emotivo su di me, ma anche su coloro a cui la mostravo e che mi spinse a continuare la ricerca in questa direzione. Questi uomini – ombra, tutti ugualmente ciechi verso una speranza di luce, mi richiamavano un po’ il mito della caverna della conoscenza di Platone, ed erano così evocativi da farmi capire che ero finalmente sulla strada giusta.
Cosa c’è dentro la tua borsa fotografica?
Una Canon Eos 4000D e una Nikon analogica F75 con il suo teleobiettivo, prima di tutto. L’attrezzatura per sviluppare i cari vecchi rullini e stampare in camera oscura, che mi regala l’emozione dell’immagine che compare improvvisamente da un piccolo punto del foglio fino a riempirlo tutto. Una nascita a tutti gli effetti.
E anche un cellulare Huawei P10 con ottica Leica che mi permette di fotografare degnamente anche quando non è possibile portare la macchina fotografica con me (e che non vedete nella borsa perché l’ho fotografata proprio con questo).
Cosa pensi di aggiungere a breve nella borsa e cosa invece pensi di dare via?
Forse un buon flash: anche se non serve molto per il genere di fotografia che faccio, può sempre tornare utile.
Darei via i filtri colorati Cokin, non li uso ormai da tantissimo tempo e a dire la verità non mi sono stati mai molti simpatici.
Il sito di fotografia che visiti più spesso?
Adoro Zoom, Burn Magazine e Fotografia Moderna.
Grazie Paola!
Link:
Sito web
Blog fotografia Bianco e Nero