Mi chiamo Valentina Vannicola, ho 35 anni, sono nata a Roma e cresciuta in un piccolo borgo a nord di questa. Lavoro principalmente con la staged photography e spesso con la trasposizione fotografica di testi letterari. Nei miei progetti collaboro con attori non professionisti che coinvolgo nei territori che scelgo o dove vengo chiamata ad operare. Lavoro soprattutto con gallerie, festival, creazioni di immagini di comunicazione e testate giornalistiche.
Quando hai iniziato a fotografare e perchè?
Ho iniziato con una tesi di Laurea in Filmologia presso l’Università La Sapienza di Roma e sono tuttora molto interessata alle tecniche di scrittura cinematografica. Dopo la tesi ho deciso di frequentare un corso più tecnico presso la Scuola Romana di Fotografia e lì ho iniziato a scattare. Nel mio passato non c’è nessuna storia medio romantica legata a fotografie realizzate da piccola con un vecchia reflex. Sono arrivata alla fotografia da una formazione accademica con la necessità di studiare un mezzo capace di raccontare determinate storie. Non scatto molte fotografie nella mia quotidianità, uso la macchina fotografica principalmente nei miei progetti.
Il tuo / i tuoi generi fotografici?
Staged photography.
La tua giornata tipo?
Dipende dal posto dove mi trovo e dal progetto a cui sto lavorando. In tutti i casi però tendo a svegliarmi abbastanza presto, mi piace iniziare a lavorare risistemando bene la mia postazione, creare una sorta di tabula rasa per iniziare da zero. Utilizzo moltissimo il computer come mezzo di informazione, comunicazione e scrittura. Se sto lavorando all’ideazione di un’immagine o di una serie mi concentro per molte ore sullo studio dei testi e sulla la creazione di bozzetti preparatori e di storyboard. In altri casi sono impegnata nella ricerca delle locations, dei costumi e materiali di scena. Direi che la mia giornata lavorativa sia che io sia in viaggio, che nel mio studio, ruota attorno alla produzione, realizzazione e distribuzione dell’immagine.
Puoi raccontarci la fotografia più importante della tua carriera o quella a cui tieni di più?
Lavorando sulla serie mi rimane molto difficile pensare ad una fotografia. Me ne vengono in mente due e tra queste ne scelgo una dal lavoro Living Layers. Con questa immagine ho capito che la fotografia e l’arte in genere possono essere una forma di espressione molto forte, una possibilità di enunciare concetti di difficile elaborazione verbale.
Cosa c’è dentro la tua borsa fotografica?
Utilizzo un’attrezzatura molto essenziale, una Nikon D800 con un 50mm fisso ed un 24-70mm. Ho iniziato con una macchina analogica Hasselblad che mi ha insegnato molto a ragionare sulla composizione dell’immagine prima dello scatto. Però nella borsa, oltre l’attrezzatura, porto tantissime cose altrettanto fondamentali: un’inseparabile agendina, un blocchetto per gli schizzi e gli appunti, bozzetti preparatori utili alla composizione dell’immagine, penne nere, matite e carboncini.
Cosa pensi di aggiungere a breve nella borsa e cosa invece pensi di dare via?
Essendo un’accumulatrice difficilmente riuscirò a dar via qualcosa. Spesso penso che potrebbe essermi utile un set di luci di facile trasporto.
Il sito di fotografia che visiti più spesso?
Sinceramente non ne ho uno esatto di riferimento, guardo tantissime cose di generi molto diversi.
Grazie Valentina!
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